Alla galleria di preti comici al cinema, dal Don Buro di Christian De Sica al Don Alfio di Verdone, si aggiunge il garbato, Don Simone di Leonardo Pieraccioni, che dopo i 30enni innamorati, gli eterni Peter Pan e i padri di famiglia, ne “Il sesso degli angeli” (dal 21 aprile in sala), veste i panni di parroco di una chiesetta in difficoltà economiche, che spera di poter risollevare grazie all’eredità di uno zio - l’immancabile Massimo Ceccherini in un cameo - aiutato dal sagrestano Marcello Fonte.
Peccato che si tratti di un bordello a Lugano, gestito dalla maîtresse, Sabrina Ferilli, alla sua prima collaborazione con il comico toscano, che a 57 anni, fa i conti con la sua carriera. «Il mio personaggio si chiede ho fatto bene, ho fatto male? Quando si inizia a intravedere l’età della pensione, si fanno i primi veri bilanci. Il mio è positivo, perché indipendentemente dal fare l’attore o l’imbianchino, l’importante è sapersi divertire», dice il regista. Eppure Pieraccioni, nella vita, cresciuto negli oratori e amico di sacerdoti che, parole sue, «dovrebbero sposarsi», con il suo consueto leggero ottimismo racconta un tema scomodo in Italia; se sia lecito riaprire le case di tolleranza. «La prostituzione esiste e lo sfruttamento è un reato. Ci troviamo ancora una volta di fronte alla grande ipocrisia di questo paese, ma di fatto non è regolamentata perché non rientra nel buon costume delle professioni da tutelare», è convinta Sabrina Ferilli, mentre l’attore toscano è «assolutamente favorevole, anche perché vicino casa mia in campagna è pieno di ragazze e mi fanno tenerezza». Nei film di Pieraccioni, il politicamente scorretto, così additato dai social, non esiste, ma «stiamo esagerando. Alcune battute del Ciclone, oggi non si potrebbero neanche pensare, però attenzione il linguaggio rischia di diventare innaturale», avverte il comico, mentre per Ferilli «sono forme di violenze e censura che resettano tutto, è una situazione mostruosa».
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