giovedì 9 giugno 2022

Sonia Bruganelli si racconta: «Sono libera e dico ciò che penso, ma questo sui social dà fastidio»

«Io non sono cattiva, è che mi disegnano così» diceva Jessica Rabbit. E a Sonia Bruganelli sta a pennello. Lei, dopo una laurea in Scienze delle Comunicazioni riesce a farsi largo nel mondo dello spettacolo ma lontano dai riflettori come imprenditrice, sposa il conduttore Paolo Bonolis, ha tre figli (Silvia di 19, Davide appena maggiorenne e Adele di 14) e un po' per gioco, sicuramente all'improvviso, si è ritrovata negli ultimi tempi a diventare una di quei personaggi che dividono quell'Italia appiccicata al piccolo schermo come opinionista del Grande Fratello e al grande cellulare per i suoi post su Instagram. Quando fai il suo nome la gente sgrana gli occhi, pochi dicono di amarla ma alla fine tutti vogliono farsi gli affari suoi.

Ma, insomma, chi è Sonia Bruganelli?

«Una donna di 48 anni che fa l'imprenditrice divertendosi. E si diverte davvero. Ma non si prende mai troppo sul serio».

E, invece, chi si crede di essere?

«Bella domanda (fa qualche smorfia mentre ci pensa ndr). Non lo so. Devo ancora capirlo. Forse se lo sapessi non starei qui a fare questa intervista».

Ma è la Bruganelli che è divisiva o gli altri che sono pecoroni che seguono il pensiero unico?

«Io sono una molto divisiva. Per un motivo semplice: sono una persona coerente, dico quello che penso. Ma siamo circondati da persone che dicono una cosa, ne pensano un'altra e ne fanno un'altra ancora. C'è un'ipocrisia dilagante. Siamo sotto una dittatura del politically correct. Basti pensare ai tanti che per anni hanno accusato i politici per il loro finto comportamento ma poi nel proprio privato anche loro fanno e dicono la cosa più conveniente».

Lei no?

«Guardi io sono un'imprenditrice soddisfatta della propria vita. Non ho bisogno dell'approvazione altrui nè di monetizzare nulla e infatti sui miei profili non troverete mai della pubblicità. Io non cercavo visibilità, ma tempo fa, d'estate quando certi giornali non sapevano cosa scrivere si sono attaccati a un mio post e complice la mia popolarità per osmosi mi hanno catapultato al centro dell'attenzione social. Ma io rispetto ad altri personaggi sono libera di dire quel che penso. E forse è questa la cosa che più dà fastidio».

Come quando ha difeso Elisabetta Franchi dagli attacchi social. Ma perché lo ha fatto?

«Ho voluto difendere la libertà di un'imprenditrice di scegliere con chi cimentarsi nella realizzazione di un progetto che magari richiede un impegno e della disponibilità eccezionali. Credo sia normale. Anche io quando preparo qualcosa di impegnativo faccio patti chiari con i miei collaboratori. Chi non se la sente o ha altre priorità deve dirlo subito, altrimenti diventa faticoso per loro e un problema per me. La Franchi credo volesse dire questo. L'ha espresso molto male e forse ha scelto l'occasione meno opportuna. E poi dipende tutto dalle persone».

In che senso?

«Non credo agli imprenditori tutti sfruttatori, ai dipendenti solo vessati, alle donne sempre e solo vittime di forme di violenza. Io credo che ci siano imprenditori bravi e altri infami, lavoratori eccezionali e altri che se ne approfittano, donne che devono lottare per farsi rispettare e ottenere quel che giustamente spetta loro ma tante altre che si approfittano della debolezza di certi uomini per fare carriera e ottenere quello che non meritano».

Prevedo una nuova shitstorm per lei.

«Ma che cos'è una shitstorm? Suvvia. E' una valanga di insulti che spesso provengono da profili falsi. Dura due giorni e poi finisce tutto».

Non crede però che molti vip, pseudo-vip e influencer usino il loro esercito come clava contro chi li critica? Non crede che questo possa togliere ad un giornalista la libertà di espressione?

«Se hai paura di una shitstorm di questi tempi forse allora è meglio che non fai il giornalista. L'importante è che dici la verità o che sai argomentare le tue critiche».

Comunque anche lei ha tanti follower, 765mila, e quindi tanto potere.

«Ho tanti follower ma pochi like. Quindi poco potere. Mi seguono per farsi gli affari miei anche se non condividono quel che posto. E si guardano bene dal mettermi i like».

Tipo il volo privato, il baule di Vuitton e il caffè da Chanel?

«Che palle. A me piace il bello. Lo vivo e lo posto senza bisogno di piacere agli altri. Gli influencer invece fanno finta di essere semplici per far credere che chiunque potrebbe essere come loro. Poi però scopri che si fanno il culo in palestra, non mangiano per essere magri, spendono in vestiti ma di nascosto. Ritorniamo alla schiettezza e alla coerenza».

Ma quindi alla fine questi social sono un bene o ha ragione suo marito che possiede un telefonino antidiluviano?

«Ho ragione io. Paolo può non avere i social perché al suo fianco ci sono io che gli cerco la foto, che rispondo a messaggi, che scrivo email. Troppo facile così. I social esistono e non se ne può più fare a meno. Hanno modificato moltissimi aspetti della vita. Anche il modo di fare televisione. Ormai più del programma interessa il backstage, come viene realizzato. Io per esempio per la prossima stagione sto cercando un presentatore e ho lanciato un casting pazzesco sui social».

E come è andato?

«Mille adesioni in pochi giorni».

Uno su mille ce la fa?

«Sì. La prima selezione l'hanno superata in 200. Il 25 giugno ci sarà la seconda selezione a Roma. Ne resteranno solo 50. E quelli li valuteremo uno a uno io e il mio staff».

Cosa c'entra tutto questo invece con il suo programma di libri?

«I libri di Sonia è una trasmissione nata per caso. Mi piace molto leggere e volevo raccontare i libri che mi piacevano. Poi man mano è cresciuta. E ho ospitato grandissimi scrittori come Sandro Veronesi, Chiara Tagliaferri, Teresa Ciabatti. Prossimamente anche Cotroneo e Lagioia. Insomma, tanto stronza evidentemente non sono».

Chi l'ha sorpresa?

«Veronesi su tutti. Aveva appena vinto il suo secondo Strega. Durante la trasmissione sono solita regalare all'ospite un libro scritto da uno sconosciuto. Tutti ringraziano, dicono che lo leggeranno e poi lo lasciano sulla sedia. Anche Veronesi l'ha fatto. Solo che poco dopo ha chiamato dal taxi per scusarsi ed è tornato indietro a riprenderlo. Ecco, questa è la differenza tra le persone».

E chi l'ha delusa?

«Vuole che le faccia dei nomi?».

Certo.

«Non glieli faccio. Non posso stare sempre a litigare. Però le posso dire che trovo inelegante e scorretto chi scrive e rivela particolari di una persona che non c'è più e quindi non può replicare».

Sbaglio o non parla mai di politica. Ha paura?

«Non ne parlo perché non ne capisco nulla. Sono ignorante in materia. Posso dirle che tanti anni fa mi appassionò la discesa in campo di Berlusconi. Ma poi con il passare degli anni un po' sono arrivati altri interessi, un po' capisci come vanno certe cose e alla fine mi sono disaffezionata. Come con la Roma».

E ora che c'entra la Roma?

«Quando nel 1983 la Roma vinse lo scudetto ero una tifosa sfegatata, sapevo la formazione a memoria. Oggi non le saprei dire nemmeno il nome di un calciatore. Non mi interessa più».

Ok, niente politica e niente calcio. Però con Padre Pio tatuato sull'avambraccio non vorrà mica negare di avere fede?

«Sono sempre stata una credente non praticante. Ho sempre e solo pregato quando avevo paura, bisogno. Direi una pessima credente. Poi però la notte prima che mia figlia doveva affrontare la seconda operazione al cuore ho avuto la visione di Padre Pio, nitida, davanti a me. Sa, come vanno queste cose... uno dice se va tutto bene mi tatuo Padre Pio. La mia Silvia sta bene e Padre Pio è sul mio avambraccio».

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